Mi sembra già di vedere la tua espressione.

Forse farai una smorfia, pensando che si tratta di un ovvietà. Magari ti verrà da ridere, o sbufferai e ti verrà in mente l’ultimo spiacevole episodio o la stanchezza e la mancanza di energia del dopo-lavoro.
O magari tirerai un sospiro di sollievo, sapendo di essere tra pochi fortunati, considerando che questa è la realtà per la maggior parte delle persone.

Storicamente lo scettro dello stress da lavoro era assegnato agli imprenditori, ma abbiamo già visto in un precedente articolo come le statistiche siano sempre più preoccupanti, riguardo il livello di “mal di lavoro”, sia tra impiegati che operai.

Ma c’è di più.

Con l’ordinanza n. 28959 del 18 ottobre scorso, la Cassazione ha stabilito che 

IL CLIMA NELL’AMBIENTE DI LAVORO E’ RESPONSABILITA’ DELL’AZIENDA. 

Nei mesi scorsi abbiamo parlato degli indici ESRS, cioè gli standard europei sulla sostenibilità aziendale, in particolare degli indici standard SOCIALI, quelli legati all’ ambiente lavorativo, al clima aziendale, alle condizioni di lavoro, alle relazioni tra le figure in azienda. 

Vediamo quindi come una sempre maggior attenzione viene data – giustamente – alle condizioni di lavoro. Se in passato si doveva arrivare al MOBBING conclamato per riconoscere un comportamento scorretto nei confronti del lavoratore, oggi vengono presi in esame molti più dettagli e situazioni che vengono ricondotte ad una violazione dell’articolo 2087 del Codice Civile, che recita testualmente:

Art. 2087 (Tutela delle condizioni di lavoro)
L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. 

Questa violazione può verificarsi anche in modo accidentale o per omissione o negligenza, qualora arrechi danno alla salute dei lavoratori. Per “salute” si intendeva in passato lo stato di salute fisica, ma oggi sappiamo bene quanto il malessere possa essere anche emotivo o psicologico, portando a vere e proprie malattie.

Nel caso dell’ordinanza in questione, la direzione era già stata più volte informata sui comportamenti in questione, quindi la responsabilità del datore di lavoro non poteva essere in alcun modo negata. 

Trovi QUI il testo dell’ordinanza

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